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«VICINO A NOI

NEL MOMENTO DELLA PROVA»

Riproduzione dal n. 69 di "Noi genitori e figli" del 30/11/03

Lo psicoterapeuta: la separazione può essere vissuta come momento di purificazione e come scoperta di una presenza inedita dell'Eterno, che abita anche laddove tocchiamo il fondo della disperazione


di Amedeo Cencini *

Credere, nel cammino di fede cri­stiano, non è un fatto solo intellettuale; la fede cristiana per esse­re creduta dev'essere anche pregata e celebrata, personalizzata e tradotta in opere, condivisa e annunciata, financo provata e sofferta. Ognuno di questi dinamismi è importante e da un apporto indispensabile alla fede del sin­golo credente. Se ne manca uno la fede è debole. Così anche la prova costitui­sce un momento importante nella vita di fede. C'è una presenza di Dio che è possibile sperimentare solo nella prova e attraverso la prova. Anzi, la prova purifica una certa idea di Dio (l'idea del Dio che dovrebbe esser sempre pronto a esaudire le nostre richieste) e
d'altro lato ci regala la certezza che Dio è sempre con noi.

Da un punto di vista psicologico c'è pure un'altra premessa da fare. È del tutto normale che una relazione inten­sa come quella coniugale prima o poi incontri delle prove. La prova fa parte dell'evoluzione "fisiologica" del rappor­to di coppia, il quale, se non incontra e affronta a un certo punto la situazione di contrasto o d'incomprensione reci­proca, vuol dire che non è autentica relazione, ma è superficiale o dominata dalla paura dell'incontro a livelli profondi. Ma anche qui funziona lo stesso principio visto prima: ben venga la crisi di coppia se serve per purificare l'uno la percezione dell'altro, per alleggerire la percezione dalle aspettative irrealistiche, dalle pretese di dominio e potere sull'altro, dagli atteggia­menti infantili che impediscono al rapporto di cresce­re. Due persone che decidono di vivere insieme devo­no sapere che affronteranno momenti duri, che però, pur con il loro carico di sofferenza, saranno preziosi. Il fenomeno forse nuovo oggi è che le coppie sembrano


 


non avere questa consapevolezza realistica e, quel che è peggio, tanto meno sembrano attrezzate, nel momento in cui scoppia il contrasto, ad affrontarlo in modo intelligente. C'è come una ingenuità ottimisti­ca alla base e all'inizio di certe unioni, che poi esplo­de in tutta la sua fragilità di fronte alla fatica d'una intesa a livelli profondi. Di conseguenza la prova fini­sce per avere un effetto dirompente. Forse potremmo addirittura dire che le 70 mila separazioni che si regi­strano ogni anno in Italia non sono legate alla prova relazionale in sé, quanto alla mancata preparazione a sostenerla, o all'irrealistica interpretazione della prova come evento fatale e scontatamente negativo, oltre poi alla incapacità di gestirla per crescere nella comunio­ne. Voglio credere che se fosse dato un aiuto tempe­stivo per interpretare correttamente le difficoltà matrimoniali, sarebbe poi possibile viverle come momento di crescita di entrambi i coniugi e non si arriverebbe a queste cifre drammatiche. C'è poi la situazione di sofferenza e di solitudine di tanti separati e divorziati che hanno intrecciato una nuova relazione amorosa, con il conseguente dolore e amarezza di essere esclusi da una piena partecipazione alla vita sacramentale ecclesiale. Queste situazioni vanno riconosciute e accompagnate, all'interno della comunità ecclesiale, con estrema attenzione e delicatezza. Nella Chiesa, oggi, v'è senza dubbio una notevole e crescente sensibilità al riguardo. In fondo anche quella della separazione è una situazione di prova nel senso sopra indicato, che può e deve esser vissuta come momento di purificazione della mente credente e del cuore amante, e assieme come scoperta di una presenza del rutto inedita e misteriosa dell'Eterno, che abita anche laddove noi tocchiamo il fondo della nostra debolezza. Quante volte situazioni oggettivamente pesanti sono diventate punto di partenza d'una nuova vita, d'una nuova fede, d'una nuova relazione con Dio e col prossimo! Quante volte la disperazione ha aperto alla speranza!

Anche il non sentirsi soli, in questi situazioni, ha una grande importanza. Non c'è nulla di più convincente di una persona che è passata per la stessa strada e che proprio per questo può infondere coraggio e indicare vie da percorrere. Nella Chiesa maggiore disponibilità di questi servizi di condivisione, per aiutarci a vivere tutti insieme la fatica della fede e affrontare le prove della vita. La fede, abbiamo sostenuto dall' inizio, ha bisogno di essere condivisa, raccontata, partecipata. È quello che potremmo chia­mare il ministero dell'incoraggiamento, del sostegno reciproco. Essere Chiesa significa essere comunità di fratelli che si aiutano l'un l'altro a credere, particolar­mente nelle situazioni diffìcili e impervie della vita. Che sono poi le situazioni decisive della nostra fede. Perché la nostra fede non cresce se non nelle prove.

·        psicoterapeuta e docente alla Pontifìcia Università Salesiana di Roma

 

 

Da AIUTO FAMIGLIA: http://www.aiutofamiglia.it/separati.htm

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